MESSINA – Fino a quel 27 dicembre 1908 Messina era una delle più ricche e operose città del meridione d’Italia che produceva ed esportava prodotti tessili, agrumari ed essenze. La città aveva (come oggi) due grandi impianti ferroviari, Messina Centrale e Messina Succursale (oggi Messina Marittima), entrambi con grandi fabbricati destinati ai viaggiatori, le merci e i servizi postali e telegrafici. Da qualche anno erano state attivate le moderne linee ferroviarie con Palermo e Catania, e con i ferry-boat si raggiungevano facilmente Reggio Calabria e Villa San Giovanni.
Il Natale era trascorso da poco, nel primo teatro cittadino andava in scena l’Aida di Verdi, e lungo le vie e nelle piazze le botteghe di artigiani e mercanti erano molto animate per le festività. I messinesi trascorrevano cosi le ultime ore di quella giornata e l’inizio di quel 28 dicembre 1908 che avrebbe cambiato le sorti di tante persone.
Alle 05,21, nella piena oscurità, un forte boato squarcia il silenzio della città e di tutta l’area dello Stretto. La terra trema per trentadue interminabili secondi per un terremoto di magnitudo 6.7 della scala Richter, colpendo duramente Messina e Reggio Calabria, causando migliaia di vittime (circa 80.000 a Messina e circa 20.000 a Reggio Calabria) cancellando in un colpo la storia e gran parte delle bellezze architettoniche delle due città.
Ai sopravvissuti del sisma si presentò una Messina devastata, con persone che chiedevano aiuto, cadaveri atrocemente mutilati sotto le macerie, palazzi sventrati e avvolti dalle fiamme innescate dall’esplosione delle condotte del gas per l’illuminazione pubblica. Molti dei sopravvissuti, preoccupati che potessero arrivare nuove scosse, si spostarono nell’area portuale o vicino al mare cercando di mettersi al riparo da crolli e altri pericoli, non sapendo che il peggio li attendeva proprio li.
Pochi minuti dopo la prima forte scossa il mare si ritirò per diverse decine di metri, un’onda di maremoto apparve all’orizzonte (ci furono onde di 10 metri nella zona di Alì Terme e 2 metri nella zona di Torre Faro), molti non ebbero il tempo di capire quanto stesse accadendo che furono inghiottiti dal mare. L’acqua infliggeva un nuovo colpo alla già devastante distruzione causata dal sisma aggiungendo altri morti e feriti.
I primi soccorsi arrivarono da alcune navi della Marina Russa che erano in zona, mentre a Roma la notizia dell’immane catastrofe giunse dopo oltre dodici ore. La macchina italiana dei soccorsi fu lenta e trovò tante difficoltà anche per le strade fortemente danneggiate. Si poteva prestare aiuto solo via mare.
Tra i tanti che persero la vita a Messina ci furono ben 348 agenti e funzionari delle Ferrovie dello Stato. I ferrovieri scampati al disastro, superata la prima fase critica, misero a disposizione della popolazione quanto era utilizzabile, come carri e carrozze ferroviarie per fa ricoverare feriti e ospitare le postazioni per le comunicazioni e di comando. Passata la prima grande fase dell’emergenza, gli stessi ferrovieri, con grande senso del dovere, fecero il possibile per ripristinare i collegamenti con i ferry-boat e riattivare un minimo di collegamento ferroviario con il resto della Sicilia.
Il 7 gennaio 1909, all’interno della stazione ferroviaria di Messina Centrale si riunirono gli amministratori locali, e proprio in quell’occasione si decise il futuro di Messina che, grazie a contributi spontanei e agli aiuti di Stato decisi dall’allora Presidente del Consiglio dei Ministri, Giovanni Giolitti, fu ricostruita sopra le macerie della ”vecchia” Messina e di quei palazzi, chiese e monumenti che resistettero al sisma ma caddero per mano dell’uomo.
Fu l’allora ingegnere capo del Comune di Messina, Luigi Borzì, a emanare un nuovo piano regolatore per la città dello Stretto (ne furono emanati 2, uno nel 1910 e l’altro nel 1911), razionalizzando e disciplinandone i tracciati sulla base di precise disposizioni antisismiche, tenendo conto anche dell’indicazione ricevute dalle Ferrovie dello Stato che, inizialmente, prevedevano una nuova stazione di testa a ridosso del molo dei ferry-boat, passando in seguito a una stazione di transito ricalcando in parte quanto già esistente prima del sisma.
Le Ferrovie dello Stato, pur di attivare nel più breve tempo possibile lo scalo peloritano, decisero di ristrutturare parte degli edifici danneggiati, che rischiarono di rimanere tali per il grave impegno oneroso previsto per la costruzione di un nuovo fabbricato.
Si arrivò alla metà degli anni ’30 quando l’architetto Angiolo Mazzoni, stilò il progetto di massima per le nuove stazioni ferroviarie di Messina. Il 10 agosto 1937, alla presenza del presidente del Consiglio del Regno d’Italia, Benito Mussolini, si avviarono i lavori di costruzione con la cerimonia simbolica del primo colpo di piccone.
Ancora oggi il fabbricato viaggiatori della stazione di Messina Centrale e Messina Marittima è imponente, con quello stile razionalista, curato nei minimi dettagli e fatto di grandi ambienti rivestiti di travertino e ampie vetrate. Tra i suoi ambienti, a ricordo dei ferrovieri periti in quella tragedia del 28 dicembre 1908, nell’area antistante alla Corte degli Ulivi trova posto una lapide che riporta questa frase: A pietoso ricordo dei 348 funzionari ed agenti periti nel terremoto del XXVIII decembre MCMVIII in Messina l’Amministrazione delle Ferrovie dello Stato nel primo anniversario del giorno funesto questa lapide pose XXVIII decembre MCMIX.
La città di Messina, in questo primo centenario dal sisma, ha ricordando con diverse iniziative religiose i tanti caduti, e non poteva mancare in stazione una corona di fiori posta sotto quella lapide che ricorda i ferrovieri caduti durante l’esecuzione del proprio dovere, donata dal DLF di Messina.
In anteprima la stazione ferroviaria peloritana prima del terribile sismaMessina, 1908 | Foto, collezione Giovanni Russo
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