Home Blog Con la TBM Marisol nel cuore di Palermo (capitolo 1/3)

Con la TBM Marisol nel cuore di Palermo (capitolo 1/3)

Con la TBM Marisol nel cuore di Palermo (capitolo 1/3)
1.18K
0

PALERMO – Da tempo l’Associazione Ferrovie Siciliane aveva in programma una visita circostanziata dell’enorme cantiere che sta realizzando il Passante Ferroviario di Palermo. Un’opera di cui si parla da circa quaranta anni e che finalmente sta vedendo la luce. Dopo i necessari contatti preliminari, ad aprile 2018 siamo andati a vedere come stanno procedendo i lavori. Di seguito vi proponiamo il primo di tre capitoli con cui descriveremo questa straordinaria esperienza.

Innanzitutto qualche dato sull’opera, che riguarda ben 30 km di linea ferroviaria da raddoppiare tra le stazioni di Palermo Centrale e Punta Raisi, con l’istituzione di 16 stazioni (fermate), che si aggiungono a Palermo Notarbartolo, Palermo Brancaccio, Isola delle Femmine e Carini. La linea è stata suddivisa in tre parti:
· tratta A > Palermo Centrale – Palermo Notarbartolo;
· tratta B > Palermo Notarbartolo – EMS / La Malfa;
· tratta C > EMS / La Malfa – Carini.

Nei giorni in cui abbiamo visitato il cantiere i  lavori sono giunti all’85% di avanzamento: praticamente ultimati i lavori sulla tratta C,  sulla tratta A permane il problema della galleria dispari, i cui ultimi 60 metri restano da completare a causa dei noti problemi verificatisi agli edifici di vicolo Bernava e dintorni; la relativa variante è già stata approvata e dovrebbe entrare nella fase esecutiva entro l’anno.

Sulla tratta B, alla quale si lavora più alacremente, abbiamo dedicato la nostra visita, incentrata sull’opera più importante e complessa dell’intero tracciato: lo scavo meccanizzato della galleria dispari (in direzione Punta Raisi) tra le stazioni di Palermo Notarbartolo e Belgio.

Va premesso che questa parte di galleria, lunga complessivamente 2132 m., è frutto di una specifica richiesta del Comune di Palermo, a seguito di precise istanze dei cittadini residenti lungo il tracciato, costituiti in comitato. Il progetto originario, infatti, prevedeva l’esecuzione del raddoppio affiancando alla galleria esistente, la Malaspina realizzata negli anni 60, una nuova galleria con il metodo del “cover and cut”, variante del famoso metodo Milano utilizzato per la realizzazione della metropolitana del capoluogo lombardo. Tale metodologia di scavo prevede un intervento dalla superficie, attraverso l’esecuzione di migliaia di “pali secanti” realizzati con altrettante trivellazioni dalla superficie: è stato utilizzato in moltissime tratte del passante, ma in questo caso gli inevitabili disagi non sono stati accettati dai cittadini della zona, tra le più densamente abitate della Palermo residenziale

Così, l’impresa esecutrice, il consorzio italo-spagnolo SIS ha elaborato insieme a RFI una variante che prevede una galleria scavata in profondità, al di sotto della vecchia Malaspina, in modo da non risentire in alcun modo dei lavori in superficie. Per aumentare le condizioni di sicurezza dello scavo, in presenza di moltissimi edifici lungo il tracciato, si è scelto di utilizzare una macchina che esegue lo scavo in maniera del tutto automatizzata: una Tunnel Boring Machine (TBM) Earth Balanced Pressure (EPB) ovvero una “talpa” meccanica a pressione di terra bilanciata. Una fresa scudata di diametro esterno pari a 9,4 m. denominata Marisol che scava tramite una testa fresante che si muove all’interno di una camera di scavo in cui lo stesso materiale da scavare viene mantenuto in pressione; tale pressione equilibra le spinte che tendono a far collassare il terreno circostante verso l’interno della galleria, mantenendo stabile il fronte di scavo ed evitando qualsiasi ripercussione in superficie. Per comprendere meglio il suo funzionamento, siamo andati a vedere come lavora questo incredibile frutto della più avanzata tecnologia disponibile al mondo nel settore dello scavo di tunnels.

Il cantiere esterno di Marisol
Siamo nel grande cantiere allestito a Palermo Notarbartolo, da dove inizia lo scavo della galleria dispari verso la fermata Belgio, ovvero in direzione Punta Raisi. L’intera area ricade nel settore ovest del piazzale di stazione, momentaneamente liberato dai binari un tempo dedicati al traffico merci. Vale la pena di rammentare che la stazione Notarbartolo si trova all’interno di un enorme trincerone scavato negli anni 60, nell’ambito dell’interramento della linea Palermo – Trapani, che attraversava la città in superficie creando, già allora, numerosi problemi di interferenza con il traffico veicolare.

L’impressione che si ha entrando in cantiere è di un grande via vai di mezzi e personale, solo apparentemente caotico: in realtà, tutto è perfettamente organizzato, ed ogni cosa si trova esattamente al suo posto. Ciò perché l’intero processo di scavo della galleria è, come vedremo, organizzato in maniera industriale: dagli approvvigionamenti alla logistica, dal personale alle macchine, niente è lasciato al caso.

Del cantiere allestito all’esterno della galleria colpiscono principalmente:
· La grande quantità di “conci” prefabbricati in cemento armato precompresso (cap), che ricoprono un’area che arriva al limite sud del piazzale di stazione, lato Palermo, ben oltre il ponte di via Notarbartolo. I conci servono a rivestire la galleria subito dopo lo scavo, e devono essere presenti in quantità tale da permettere il continuo rifornimento alla macchina durante il suo avanzamento. Se venissero a mancare, la macchina non potrebbe avanzare e l’intero processo di scavo si fermerebbe (foto 1);
· La vasca di decantazione dello smarino: qui viene depositato per un certo periodo di tempo il materiale scavato dall’interno della galleria, e portato all’esterno da un nastro trasportatore (foto 2). Questo stoccaggio momentaneo serve a separare il più possibile dalla roccia il liquido di “condizionamento”: si tratta di una miscela di acqua e tensioattivi biodegradabili che viene utilizzata per facilitare sia lo scavo che il trasporto dello smarino . La vasca ha una capacità di circa 3.000 mc, e viene svuotata con degli escavatori che provvedono a caricare gli autocarri a sponde alte con i quali il materiale viene condotto alla cava Impisu, ubicata tra la montagne che circondano il quartiere di Tommaso Natale. Qui lo smarino viene definitivamente depositato in modo da riempire completamente la cava e “rinaturalizzare” l’area: sarà così rimarginata una ferita che deturpa il territorio palermitano da diversi decenni;
· La grande gru a cavalletto: viene utilizzata per caricare i conci prefabbricati sui piccoli “treni” che riforniscono la parte più avanzata della macchina dove gli stessi vengono utilizzati per il rivestimento (vedremo più avanti come). La gru a cavalletto, con una capacità di 126 tonnellate, è stata utilizzata anche per il montaggio della TBM all’esterno, prima che iniziasse il suo cammino nelle viscere della terra (foto 3).

Ci dirigiamo quindi verso l’imbocco della galleria. E’ necessario, per farlo, utilizzare un autoveicolo, dal momento che per raggiungere il fronte di scavo occorre percorrere quasi un chilometro. Curiosità: il percorso viene svolto interamente a marcia indietro, dal momento che all’interno della galleria non è possibile manovrare il mezzo per l’inversione a “U”. Prima dell’imbocco della galleria, notiamo il sistema di trasporto del materiale di scavo: un lungo nastro trasportatore. Questo nastro deve permettere allo smarino di raggiungere dalla testa di scavo la vasca di raccolta che abbiamo visto sopra. Ciò deve avvenire senza soluzione di continuità, anche quando la macchina avanza, allungando il percorso da compiere. Per questo, il nastro è dotato di un sistema che lo “allunga” verso il fronte di scavo man mano che lo stesso si allontana dall’imbocco. In pratica, sotto il nastro trasportatore notiamo una sorta di contenitore in cui il nastro viene fatto scorrere avanti ed indietro sviluppando una lunghezza tale da fare da riserva per gli allungamenti verso il fronte di scavo (foto 5). In pratica, è un po’ come la fila che si fa all’aeroporto prima del check-in: in uno spazio ridotto si procede a zig-zag per sviluppare la coda. In tal modo, si può operare tranquillamente per lungo tempo senza necessità si allungare il nastro. Quando la “coda” è stata interamente esaurita, si procede ad allungare il nastro, aggiungendo allo stesso una bobina di 500 m. che viene arrotolata nel grande “contenitore”  cui dicevamo sopra. La riserva basta fino ad un avanzamento di altri 250 m (il nastro fa il percorso in andata e ritorno).

Appuntamento a lunedi 07/05/2018 per il secondo capitolo.

Roberto Di Maria[spacer height=”20px”]

Nella foto l’imbocco della nuova galleria dispari vista dall’interno. In galleria altre immagini
Palermo, 00 aprile 2018 | Foto, Roberto Di Maria

Accedi/Registrati per commentare nel forum[spacer height=”20px”]

(1175)